Ogni anno, con l’avvicinarsi del Festival di Sanremo, si ripropone una dinamica che lascia perplessi: l’assegnazione dei preascolti delle canzoni in gara ai giornalisti di alcune testate selezionate.
Perplessi e talvolta anche un po’ amareggiati, dato che si tratta di un meccanismo un po’ opaco che solleva molte domande sulla trasparenza dei criteri adottati e sulla reale competenza di chi riceve l’accesso esclusivo a uno dei momenti più importanti per la musica italiana.
Io stessa tutti gli anni ricevo lo stesso feedback dal responsabile delle PR di The Soundcheck, testata di cui sono direttrice responsabile: “non ci hanno risposto” oppure “ci hanno rifiutato” e cose simili.
Anche tra altri giornalisti di mia conoscenza inoltre ci si chiede come mai si venga esclusi dai preascolti, dato che il rifiuto (se arriva) non è corredato da una spiegazione.
L’ipotesi logica che si prova ad avanzare è quella di avere una pletora di lettori poco vasta.
Ma è davvero così? No, non proprio.
Controllando le letture di alcuni siti che hanno ricevuto i preascolti alcuni hanno notato numeri bassi rispetto al proprio giornale, sia in termini di authority score, backlink e letture (dati di Semrush.com).
Le grandi realtà
Poi ci sono le grandi testate, riviste (del settore e non) che come tutti gli anni ricevono i preascolti. E su questo nulla da eccepire, ci siamo sempre detti.
Sono sicuramente i più qualificati e professionali e naturalmente godono di una enorme credibilità data la loro più che decennale presenza nel settore del giornalismo e comunicazione.
Se non fosse che quest’anno è successa una cosa un po’ strana che mi ha portato a numerose osservazioni. La prestigiosa rivista Cosmopolitan, che esiste con il nome attuale dal 1976, dopo aver ricevuto i preascolti ha pubblicato assieme alle prime impressioni anche i testi delle canzoni.
È un errore (fatto sicuramente per disattenzione) che però ha un certo peso considerando che l’esclusiva dei testi delle canzoni di Sanremo è riservata al settimanale TV Sorrisi e Canzoni.
Tutto è stato poi prontamente rimosso ma questo episodio pone l’accento sull’attenzione alle dinamiche di Sanremo da parte di realtà editoriali che, per nome e storia, dovrebbero rappresentare l’eccellenza del giornalismo.
Ma il problema non si esaurisce con un singolo caso di malagestione.
Il sistema favorisce testate già affermate e consolidate, che ricevono privilegi e accessi esclusivi anche quando dimostrano scarso impegno verso la promozione della musica italiana.
L’episodio di Geolier e le polemiche dello scorso anno nella sala stampa rappresentano un altro esempio delle disfunzioni del sistema.
I social media, soprattutto TikTok erano invasi da video presi di straforo della sala stampa in cui i giornalisti si accordavano su come votare per sfavorire il cantante partenopeo e sull’esultanza per la sua sconfitta.
Quasi come se la vittoria di Angelina Mango fosse passata in secondo piano rispetto all’aver combattuto strenuamente per non far scalare la classifica a Geolier.
Sia ben inteso, la critica e il diritto di opinione sono propri del giornalismo, ma il sistema messo in atto per “combattere” l’ascesa di Geolier verso il primo posto e la conseguente vittoria del Festival di Sanremo avevano poco a che fare con il giornalismo.
Le piccole realtà, i numeri e l’impegno
Si è parlato di numeri, è vero. Ma si è parlato anche di professionalità.
Sarebbe troppo aspettarsi da parte di chi si occupa dei preascolti di Sanremo, una ricerca fatta ad hoc per premiare e valorizzare quei magazine o testate indipendenti che, per tutto l’anno, sostengono sia artisti emergenti che affermati, con un lavoro serio e impegnato?
Perché queste realtà non vengono prese in considerazione e non ricevono il trattamento che meritano durante Sanremo?
La musica non dovrebbe essere raccontata da chi la vive e la comprende profondamente?
Non sarebbe opportuno iniziare a considerare Sanremo come un patrimonio culturale da valorizzare e come tale, cercare i migliori mezzi per farlo?
La questione centrale è questa: chi ha davvero a cuore la musica italiana e il Festival di Sanremo? E perché le opportunità di raccontarlo devono essere limitate ai soliti noti?
Aprire le porte a nuovi nomi e a realtà giornalistiche indipendenti potrebbe offrire uno sguardo fresco e sincero su quello che è, a tutti gli effetti, l’evento musicale più importante del Paese.
Se non contano i numeri (perché in alcuni casi non è così) allora, per quale motivo si viene estromessi? E se conta la professionalità, allora per quale motivo non si cambiano alcune dinamiche come quelle dello scorso anno che, come abbiamo notato, non hanno dato un bell’esempio di rigore giornalistico?
Sanremo merita un giornalismo critico, competente e appassionato.
Continuare a favorire esclusivamente le testate storiche senza rinnovamento equivale a tradire lo spirito stesso del Festival: la celebrazione della musica come arte, cultura e innovazione.
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Articolo di denuncia molto garbato ma efficace