Australia e Eurovision: una storia d’amore che diventa realtà

Eurovision Australia

L’Australia, che Paese particolare. In questo Paese ci vivono più canguri che persone, la birra è la bevanda nazionale, il “no worries” è uno stile di vita e sì, l’Eurovision e una specie di culto

E se ogni anno, sprofondando sul divano con snack assortiti, ti chiedi perché i conduttori dell’Eurovision salutano con entusiasmo l’Australia (lo fanno, amici), quando geograficamente parlando l’unico continente vicino all’Europa è l’Asia, allora è arrivato il momento di scoprire il grande mistero.

E no, non è solo colpa di un fan australiano particolarmente insistente che da anni sventola un canguro gonfiabile in prima fila.

Il legame storico: tra popstar e televisione

L’Australia e l’Eurovision sono come due innamorati separati da un oceano ma che non possono fare a meno l’uno dell’altro e il loro legame parte da prima che gli australiani decidessero di partecipare.

Già dagli anni ’70, infatti, artisti australiani hanno calcato il palco del contest, ma in rappresentanza di altri paesi.

Olivia Newton-John, per esempio, nata in Gran Bretagna ma cresciuta in Australia, gareggiò per il Regno Unito nel 1974 con “Long Live Love”. Mentre Johnny Logan, l’irlandese con tre vittorie all’attivo, è cresciuto a Melbourne e la sua famiglia risiede ancora lì.

Anche Gina G, che ci ha regalato “Just a Little Bit” nel 1996 per il Regno Unito, era australiana di nascita, così come Jane Comerford, cantante dei Texas Lightning in gara per la Germania nel 2006.

Oltre ai cantanti, l’Australia ha sempre avuto un occhio di riguardo per l’Eurovision grazie alla SBS, l’emittente pubblica multiculturale che trasmette il concorso dagli anni ’80.

La rete SBS ha costruito nel tempo una vera e propria fanbase locale, sfruttando la grande comunità di immigrati europei presenti nel paese.

Negli anni ’90, poi, l’ironia tagliente del commentatore della BBC Terry Wogan ha conquistato gli spettatori australiani, che ormai consideravano il contest parte integrante del proprio palinsesto annuale.

Il giorno in cui l’Australia ha detto “Vogliamo giocare anche noi!”

Dopo anni di amore platonico, l’Australia ha fatto il grande passo nel 2015, quando l’EBU (Unione Europea di Radiodiffusione) ha deciso di invitarla a partecipare direttamente al concorso per celebrare il 60° anniversario dell’Eurovision.

Sembrava un invito una tantum, una sorta di “prova” per vedere come sarebbe andata, ma il successo è stato tale che l’Australia è stata confermata come concorrente fissa.

Il debutto è stato spettacolare: Guy Sebastian, con “Tonight Again”, ha portato il paese al quinto posto, dimostrando che non erano lì solo per fare numero.

Da allora, l’Australia è diventata una presenza fissa, con partecipazioni sempre competitive. Nel 2016, Dami Im ha sfiorato la vittoria con “Sound of Silence”, classificandosi seconda.

Nel 2019, Kate Miller-Heidke ha regalato una delle esibizioni più spettacolari della storia eurovisiva, sospesa su un’asta fluttuante mentre cantava “Zero Gravity”.

Voglio dire, gli australiani hanno preso tutto molto sul serio.

L’ossessione australiana: tra eventi, club e bandiere arcobaleno

L’Eurovision, in Australia, è diventato un vero e proprio evento di culto.

Non si tratta solo di accendere la TV e guardare lo show perchè ovunque si organizzano vere e proprie feste, proiezioni nei club e perfino raduni ufficiali tra i fan.

La comunità LGBTQ+ australiana ha adottato il contest come una sorta di secondo Mardi Gras, con eventi che celebrano il kitsch, il glamour e l’inclusività tipici dell’Eurovision.

A Sydney, ad esempio, i gay club della celebre Oxford Street organizzano serate a tema, mentre a Melbourne e Canberra i fan si riuniscono per guardare lo show in compagnia.

Anche il Sydney Gay and Lesbian Mardi Gras ha reso omaggio all’Eurovision più volte, con carri dedicati e persino competizioni per eleggere un immaginario rappresentante australiano per la gara e negli ultimi anni, club culturali locali hanno ospitato tour di ex partecipanti eurovisivi.

Più Eurovision per tutti: la copertura mediatica australiana

Negli anni, SBS ha aumentato sempre di più la copertura dell’Eurovision, trasformandolo in un fenomeno mediatico.

Sito web dedicato, canale radiofonico con hit eurovisive 24 ore su 24, forum di discussione per i fan e trasmissioni speciali prima del contest: insomma, se sei un australiano e vuoi vivere l’Eurovision al massimo, non hai che l’imbarazzo della scelta.

Sempre SBS ha introdotto un sistema di voto online per i fan locali, anche se i risultati non hanno alcuna influenza sulla gara ufficiale (ma lasciamo sognare gli australiani, dai).

Anche il commento dell’evento ha avuto un’evoluzione tutta particolare. Dopo i fallimenti degli anni 2000, quando l’emittente tentò di localizzare il commento con risultati disastrosi, SBS ha trovato la formula perfetta con Sam Pang e Julia Zemiro.

Da allora, il commento australiano è diventato un must, capace di informare e intrattenere senza scadere negli stereotipi eccessivi di Wogan.

Un amore destinato a durare?

Se inizialmente la partecipazione del Paese era stata vista come un’anomalia, oggi è una presenza consolidata e spesso anche tra i favoriti alla vittoria.

Certo, il regolamento dice che se mai dovessero vincere, non potrebbero ospitare il concorso in patria (per ovvi motivi logistici), ma hanno già un accordo con una nazione europea per organizzarlo al posto loro. Quindi, in fondo, perché no?

Che sia per il puro amore per la musica o per il fascino irresistibile del trash televisivo, l’Australia ha dimostrato di essere una delle nazioni più appassionate di Eurovision, contribuendo a renderlo famoso.

Questo è il decimo anno dalla prima partecipazione e sarebbe quasi figo andare a seguirlo in un Pub di Oxford Street, anche se per arrivarci devo prendere un volo di 24 ore.

Sara Alice Ceccarelli

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